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mercoledì 4 aprile 2018

AGENZIE ISOLE SPARSE VENEXIA: ComitatoVICENZA CITTA' D'ACQUA pontiliperbar...

AGENZIE ISOLE SPARSE VENEXIA:



ComitatoVICENZA CITTA' D'ACQUA

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: Comitato VICENZA CITTA' D'ACQUA pontili p er barche e rinaturalizzazione A INVITO AD INGRESSO LIBERO...

giovedì 28 agosto 2014

Sparé VNIVERSITA’ de le Isole Sparse Menago

Sparé VNIVERSITA’ de le Isole Sparse Menago  è storicamente la “cuna” del mobile d'arte, sinonimo di primogenitura  nobile, autentica, originale, unica,araldica, blasonata.
Solo qui nasce e vive l’arte della ri-produzioni di mobili classici dai canoni originari, solo qui è nata l’arte del creare  mobili d’arte appunto. E’ Giuseppe Merlin  (1881-1964) genio-artista nato e vissuto a Sparè, che da vita a tutta questa  epopea che continua da un secolo.  “El Marangon” diventa Maestro - Artista – Industriale – genio: Giuseppe Merlin,(detto Bepo Marco, per le frequentazioni Veneziane) , nato e vissuto dal  1881 al 1964 a Sparé Isole Sparse Menago. Valente inventore di una rinovellata tradizione erede anche dell’arte splendida che si ammira anche nelle tarsie in S. Anastasia a Verona. Giuseppe Merlin fino, ai primi anni venti, fu uno stimato marangon riparatore anche  di carri-barche mobili e di tutto ciò che era legno. Ha fatto  nascere la prima "bottega" artigiana, prima per il restauro, poi per la riproduzione e costruzione del mobile d’arte. Meritò con il tempo, grazie a questa brillante iniziativa, il novero indiscusso di “Prima e unica Bottega Caposcuola di Mobili d’Arte” che via via si trasformò nella prima  industria di artigianato. Giuseppe Merlin “Bepo Marco” aveva molti doni di natura , oltre alla sua grande generosità, intuito, coraggio, lungimiranza, tenacia, un dono che solo pochi artisti possono vantarsi di possedere.
I mobili che uscivano dalle sue mani con restauri d'antologia ,la forma e le linee semplici erano come l'animo del loro creatore, cariche di una intensa armonia e raffinata eleganza. Ma faceva molto più che un restauro , ricostruiva con amore e dedizione le parti più deteriorate “sostituendo” il legno deteriorato delle assi interne e nascoste dei mobili con legno sano. Ridava così alle opere nuova vita e i mobili appena usciti dalle sue mani erano preziosi come quelli degli artigiani dei secoli XVI – XVII -XVIII.
La Bottega aveva l’occasione di restaurare i mobili di qualche prestigioso cliente così se ne faceva una copia eseguendo tutte le stesse lavorazioni di cui il legno in primis aveva bisogno per far nascere un nuovo un esemplare a volte identico a volte con piccole o grandi variazioni.


In parallelo  si intensificò 
la ricerca di pezzi di antiquariato originale in ogni dove per acquistarli, rimetterli in efficienza, ricopiarli  poi rimetterli  in vendita.
Un modello rimaneva per sempre nella bottega per le successive  riproduzioni in legni accuratamente scelti.
A mano a mano che la Bottega si ingrandiva e venivano chiamati a lavorare decine di bocia e apprendisti che imparavano dopo lunghi anni a diventare falegnami.
 Giuseppe Merlin si affranca dall’economia di base  e da artigiano diventa un  ricco borghese-industriale-industrioso, frequentatore delle case patrizie veneziane,facendosi strada in lui l'intima esigenza di dar vita a qualcosa di che completasse tutta la sua inventiva e capacità ovvero: riprodurre tutti i mobili d'arte di tutti gli stili italiani.
Apprese  le tecniche artigiane-artistiche dai maestri artisti d'arte che venivano anche dall'accademia di Brera, o dalla Cignaroli di Verona. Andò ad imparare la laccatura a Firenze e a Venezia. Mandò anche i suoiallievi - falegnami a Venezia, presso le famiglie patrizie e presso le botteghe specializzate.
Frequentò tutte le botteghe di Verona che potevano insegnargli qualcosa: imparò il mestiere di tappezzierepresso Lonardelli, la doratura dalle botteghe di Santa Anastasia, l'intaglio presso la bottega del Falceri.
Merlin Giuseppe insegnava ai suoi allievi sempre a partire dagli originali che aveva a disposizione per riprodurli fedelmente. Quando non li poteva avere mandava uno dei suoi allievi “in missione” anche fino a Venezia ad esempio per ricopiare un bureau originale.
Paolo De Paoli (Sparè 1920_2003), Maestro d'arte che imparò alla sua scuola, narrava che un giorno toccò proprio a lui andare a Venezia a ritrarre da una nobile famiglia patrizia un troumeau come quello che adesso si trova ricostruito da lui nella sua casa bottega museo. “Andò con la sua bicicletta in una giornata. Fu una giornata memorabile. Dall'alba al tramonto,pasto pagato.Ma l'indomani Giuseppe Merlin aveva in mano il bozzetto per preparare il nuovo modello, e così fu.” In premio un aquilotto d’argento. Paolo era coetaneo del figlio di Giuseppe, Remo e con lui si dilettava ad andare al cinema , vedere i film Statuniotensi e  cogliere i segreti dell’arredamento e cossre i bottega  ed insieme  , dopo la serata al cinema in bottega ad imbastire e preparare il modello che più aveva  suggestionato la loro creatività, inventiva e voglia di proporlo al pubblico.
Giuseppe Merlin non cercò di nascondere e tenere segrete le tecniche di lavorazione ma incentivò l'apprendimento di tutti coloro che volevano imparare un mestiere.
La Scuola  del Mobile d'Arte di Giuseppe Merlin
fu un’
idea che animò Giuseppe Merlin confermatasi  giusta e piena di successi. Era in lui l’animo di diffondere e promuovere la creazione di una scuola per artigiani che fosse garante e depositaria di quell'arte che aveva caratterizzato il suo DNA  e che dopo le ricerche iniziali e la sua affermazione, voleva  promuovere  per dare benessere anche agli altri artigiani delle Isole Sparse del Menago.
L'economia dell’VNIVERSITA’ delle Isole Sparse del Menago Veronese dalla caduta della Repubblica Veneta fu spogliata e da barattieri commercianti si dovvette vivere di agricoltura soprattutto. La modifica  trasformava l’acqua in terra, trasformazione che in veneto fu la morte di una cultura. La modifica espropriava dei beni di tutti dandoli in mano a a pochi. Il “Sette Mari” , la grande endolaguna, con sette bocche, l’endolaguna da Aquileia a Ravenna, Mantova  veniva trasformata    in  terre e grandi latifondi dove la gente era espropriata della sua natura dovendo così combattere contro la riduzione in povertà  e dove i latifondisti desideravano reclutare in massa come forza lavoro le persone espulse dalle isole.
Fu con questo spirito  che nella Bottega - egli istituì un’apposita scuola per insegnare ai giovani l’arte del restauro e della produzione di mobili d’arte. Attorno al 1935, Giuseppe Merlin si avvalse degli allievi  che aprirono altre bottega attorno alla “Bottega madre”  fornendo  mobili grezzi o singoli pezzi. Si allargò così la produzione, di conferimento alla Bottega Caposquola. Il commercio esplodeva e Giuseppe Merlin diventa Industriale. Si  realizza così, grazie al concorso di numerose botteghe, specializzate in determinate fasi, cominciarono ad operare per conto del maestro. Nel 1939  Giuseppe Merlin Presenta la sua  produzione alla Mostra internazionale di New York e tiene testa ai mobili della Brianza facendo diventare le Isole del Menago, intorno a Sparè leader del settore al primo posto nel settore per fatturato  in italia.
Il primo e preferito stile del quale il pubblico si innamora e non sa rinunciare è lo "stile Veneziano", queste riproduzioni sono rinvenibili già dalla fine della Prima Guerra Mondiale, attingendo dalle tecniche e dai materiali del passato; questa produzione prese a modello i mobili delle presenti specialmente nelle dimore di famiglie Veneziane del 1700, in quanto quello più vicino dal punto di vista culturale e rappresentativo del Veneto.
Lo sviluppo straordinario delle Bottega – industria Capèoscuola con le numerose Botteghe artigiane satelliti, costituiscono il risultato di questo spirito intraprendente che inventò e diede il  Mobile d’arte de Sparé al mondo intero esportando in URSS-Russia e Stati Uniti. Le Isole Sparse Menago collegate all’Isola Venera, all’Isola San Pierin , all’Isola Vila Fontana, Isola Menà, Isola Bionde designà, Isola Borgo, Isolella, Isola San Zen, Isola Ronchiel, Isola Bosco, diedero un impulso infinito a questa produzione e risposta ad una domanda che si allargò ulteriormente dopo la seconda guerra mondiale, dando vita al famoso “bum economico”.
Fino al 27 luglio  1964 Giuseppe Merlin tenne il timone  con i figli Maestri d’arte Remo e Vasco. Si affacciavano i parvenue  che    commercializzavano qualsiasi cosa buona e cattiva e questa promozione valse a Cerea la dizione di Città del falso. La commercializzazione, negli anni Settanta da una parte si specializzò per veri intenditori, dall’altra divenne industria di massa “ qualcuno le chiamava “cassette”. Solo poche botteghe conservano l’Arte  fatta di sagome e i remenati  di cura di pezzi pregiati unici e irripetibili. Tanti tentarono di copiare o assomigliare o millantare lo stesso cognome della Ditta Caposcuola e dei Veri Maestri , nessuno vi riuscì. Scomparso il Maestro cominciò a Cerea  la fase di declino della qualità a favore della quantità che vide una grande espansione dei mobili detti spregiativamente “Cerea”. Vi aumento di gente che si tuffò nel busines che favorì la crescita  della produzione e il calo della qualità.
La produzione in serie del mobile non assomigliava più a quella che usciva dalle mani di sapienti maestri Marangoni, intaidori, lucidatori, impaidori, tappezzieri, tarsia tori, doratori, laccatori,  ma prodotti figli di una sfrenata industrializzazione che perse, salvo rare ed encomiabili eccezione, il carattere primigenio dell’Arte e dell’amore per essa a favore dei processi produttivi, della standardizzazione dei prodotti e l’estensione in serie della gamma produttiva offerta.
Poche sono rimaste le Botteghe che producono il mobile d’arte. Sono Botteghe artigianali  a conduzione familiare , mentre l’Industria accontenta i numerosi grandi artigiani di mobili. Il Mobile d’arte e in stile, è patrimonio di piccoli artigiani che lavorano per una ristretta  nicchia di mercato di eccellenza. Le altre ditte, piccole imprese industriali e altre più grandi, aziende commerciali è difficile trovare l’arte del mobile d’arte. Qualche commerciante riesce ad avere pezzi prodotti artigianalmente. Questi rari commercianti  acquistano spesso al grezzo poi danno a terzi le attività specialistiche e le fasi di lucidatura dei pezzi stessi fino alla finitura, mentre eseguono all’interno operazioni di imballaggio e spedizione.
Il mercato estero è importante a fianco di quello locale , ruolo più rilevante per le imprese delle Isole Sparse del Menago che riescono ad esportare nei mercati in crescita della  Germania, USA, Francia, Regno Unito, Svizzera, Giappone, Russia e, negli ultimi anni, il Sud Est asiatico e i paesi dell’Est europeo.
La produzione è costituita da due segmenti principali e contraddistinti:
1)    la produzione di mobili interamente fatti a mano artigianalmente fedeli in tutte le tecniche antiche e si rivolge a un mercato di eccellenza molto ristretto grazie soprattutto all’alto valore del prodotto stesso, caratterizzato dalla totale  componente artigianale e produzione spesso monotipo – prototipo – che solo pochi allievi della ditta caposcuola posseggono , capacità artgianale di produzione artistica elemento immateriale che può essere identificato con un ambito culturale di eccellenza, ossia quello perfettamente testimoniato dalle numerose ville Scaligere e Venete
2)      la maggior parte delle imprese medio grandi  invece produce mobili per la fascia di mercato media e in alcuni casi bassa, perché realizzando prodotti  in serie si avvantaggia la  competitività a svantaggio della qualità.  
La vera Bottega d’arte  Caposquola è  la Merlin's Organization – erede di Giuseppe Merlin – (Bepo Marco 1881_ 1964) guidata dall’Arch.  Giuseppe Melin e dalla Dott. ssa Elena Merlin che custudisce la tradizione per l’ architettura d'interni l’ antiquariato il  mobili d'arte e classico e si trova ancora nella sede originale  in ASPARETTO Via Belle Arti, 2/4 - 37050 (VR) prima grande Bottega d’ arte dove sicollezionano mobili d'epoca e d'antiquariato. Si trovano

credenze, armadi, comodini, cassettoni, troumeaux,
salotti, tavoli, sedie, poltrone, pietre, marmi, statue,
specchiere, orologi, lampade, icone e dipinti di vera eccellenza
. Dal grande bosco  di noci e legni duri , che servivano per costruire le imbarcazioni veneziane, la bottega d’arte Giuseppe Merlin di Asparetto  da oltre un secolo coltiva in seno alla famiglia e si tramanda di padre in figlio l'arte, l'abilità e il gusto dei vecchi “remesseri veneziani.” Attenti alle omonimie- anonimie.

martedì 13 maggio 2014

1939 Giuseppe Merlin presentava il mobile d'arte all' Esposizione Universale di New York - Exhibition of Italian contemporary art : Italian pavilion of the New York World's fair 1939

A Sparé Isola del Menago da
Millenni l
la tradizione Fluviale consente  l’arrivo dai boschi collinari e montani del Mincio, Tartaro , Adige, Menago,  di legno d’ 'acero, il noce, l 'olivo , il ciliegio ,il pero ,il melo , il palissandro , il mogano , il bosso, rovere .
Gli artigiani di Asparetto con la loro tecnica, la bravura e il buon gusto creano notevoli pregiate produzioni  nell’arte del mobile e dell’arredamento e si rivelano specialmente nei mobili d’Arte  di grande mole.I legni più comunemente adoperati sono quelli della zona alpina e alcuni esotici:
Da oltre due secoli
l’'arte del modellare il legno  si coltiva in seno alla famiglia, quella di Giuseppe Merlin, che dopo aver ereditato l'abilità e il gusto dei vecchi “remesseri veneziani” l'ha tramandata di padre in figlio non solo originando una vera e propria industria, ma quel che più conta perfezionando la tecnica fino ad ottenere l'esatta ed inconfondibile imitazione degli esemplari antichi e creando una scuola artigiana locale oggi assai numerosa perché ha appendici anche nei paesi vicini
La bottega Giuseppe Merlin (“Bepo Marco” Asparetto 1881_1964 Asparetto)  
Nasce nel                                                                          1920 ad Asparetto Isola sul Menago
Dal                                       1929 Maestri d’arte  Vasco e Remo  Merlin figli d’arte di “Bepo Marco” continuatori nella  (il secondo da destra in giacca e cravatta) con i “loro” una cinquantina di allievi apprendisti marangon lavorano nella Bottega..
PAOLO DE PAOLI detto Paolino da Asparetto

Maestrod’Arte  Capo Botega 
Remo Merlin , da Asparetto
Maestro d’Arte  Capo Botega Vasco Merlin da Asparetto

Nel                                                                                                                                                      1933 Giuseppe Merlin collabora con il Ministero del Lavoro attraverso l'
 Ente Nazionale per l'Artigianato e le Piccole Industrie (ENAPI)

Nel
                                            1934
 l' Istituto Nazionale del Lavoro organizza e finanzia la scuola- bottega del mobile d'arte Merlin e il figlio Vasco Merlin è il direttore.


al 1935
Giuseppe Merlin ha a disposizione tanti allivi che  tirarono su bottega in proprio i quali conferendo il prodotto grezzo alla “casa madre” riescono a produrre e riprodurre  grandiose quantità di mobili d’Arte fatti a mano , di ottima qualità  finiti sempre  a manulamente così da  dare avvio alla genesi per la creazione di un tessuto di botteghe a condizione familiare  diffuse lungo le linee degli antichi fiumi  a macchie di leopardo  nelle quattro direzioni attorno a Sparè - al Menago -antica via fluviale di fluitazione millenaria di legname. Così Giuseppe merlin cerca nuovi sbocchi  per i suoi prodotti in tempo di grande depressione cosi  fino ad approdare nel



Nel si prepara Exhibition of Italian contemporary art : Italian pavilion of the New York World's fair 1939 1937  
  Partecipa                          1939 la BOTTEGA –INDUSTRIA (ditta)
Giuseppe Merlin
(Bepo Marco 1881_ASPARETTO _1964) ISOLA POPOLI SPARSI SUL MENAGO
Exhibition of Italian contemporary art : Italian pavilion of the New York World's fair 1939 
presenta il mobile d'arte all' Esposizione Universale di New York
La fiera ha avuto un grande apertura il 30 aprile 1939, con la visita di circa 200.000 persone.
L’Esposizione mondiale di New York del
1939-40 costò 155 milioni di dollari e registrò 57 milioni di presenze.

Padiglione Italiano per l'Esposizione Universale di New York, 1937-1939

premio al miglior padiglione assegnato da una giuria internazionale e l'onorificenza conferitagli dalle autorità statunitensi.
Fiera era incentrato sulla cooperazione internazionale, dove furono enfatizzate soprattutto le "nuove affinità" fra idee, forme e prodotti per il consumatore
La fiera era a tema. È stato diviso in diverse "zone". Ogni struttura eretta presso il quartiere fieristico è stato straordinario, e molti di loro erano sperimentale. Gli architetti sono stati incoraggiati dai loro sponsor o il governo di essere creativo, energico e innovativo. I progetti, i materiali e mobili nuovi in ​​costruzione erano la norma.

La data 30 aprile è coinciso con l'anniversario dell'inizio della durata di George Washington come presidente. Anche se molti dei padiglioni e gli altri servizi non erano stati completati per l'apertura, questo si è verificato con pompa e grande festa. Il presidente Franklin D. Roosevelt ha tenuto il discorso di apertura della fiera.

 

1x

Michele Busiri Vici ritratto insieme a collaboratori e ad altre maestranze sul cantiere del Padiglione Italiano per l'Esposizione Universale di New York del 1939, New York 1938 (Eredi Busiri Vici, Michele Busiri Vici)

http://www.architetti.san.beniculturali.it/web/architetti/progetti/galleria-progetti?pid=san.dl.SAN:IMG-00005907&idArticle=15316&titolo_origine=New%20York,%20Padiglione%20Italiano%20all'Esposizione%20universale,%20Michele%20Busiri%20Vici,%201938-1939&ambito=progetti





Fin dal                                                                                   1939 Esporta per primo specialmente  USA, Russia , Germania  Francia, Regno Unito, Svizzera, Giappone e, negli ultimi anni, il Sud Est asiatico e i paesi dell’Est europeo paesi arabi



1940
Poi il governo chiamò alle armi i marangonio così la Bottega Merlin Asparè istituisce un corso per intarsio perle  donne.Venne istituito un apposito “ISTITUTO VENETO PER IL LAVORO”
“Corso di intarsio e rimessaggio (rimettitura)” per le donne della durata di 4 mesi , era cominciato a febbraio.Il lavoro insegnato e imparato dalle donne consiste nel formare dei disegni di paesaggio o di allegoria da  ritagliare in tavolette di varia grandezza e assai sottili ( tre millimetri di spessore) e di varie tonalità di colore. Le donne impararono presto  anche l’uso del traforo. Così le donne cominciano a gareggiare con gli uomini  già abili artigiani, dei quali nessuno e secondo ad un altro o altra per bravura passione ingegno dedizione  conoscenza esperienza. I risultati sono tali da non avere niente da invidiare agli esemplari antichi Il genio dei “remesseri veneziani”, che portarono l'arte del mobilio alle più alte e ardite espressioni, viene fatto rivivere così in questa Isola tranquilla del Menago delle Isole Sparse oggi transustanziate in pianura veronese. Cosi nascono complesse raffigurazioni di paesaggio , di persone e geometrie , dove trovano collocazione come miniature nei mobiletti più piccoli dove la finezza e la precisione del lavoro hanno da essere ancora più perfette, ma non mancano nei mobili più grandi. Così le botteghe di famiglia sono sparse e si espandono  in molte Isole del Veneto.

1949
Così il Corriere della Sera celebra Asparetto e il suo grande Artista Capo Bottega, Maestro e Industriale Giuseppe Merlin  
parafrasando Rio Bo di Palazzeschi : “Il Corriere della Sera”19-20 maggio 1949.“Capitando ad Asparetto  in questo paesello del Basso Veronese, poche case sparse intorno alla chiesa dal campaniletto aguzzo, nella sterminata pianura verde di prati …troviamo la difficile arte della tarsia e un laboratorio che può definirsi clinica dei mobili antichi.” “Da oltre due secoli quest'arte si coltiva in seno alla famiglia, quella dei Merlin, che dopo aver ereditato l'abilità e il gusto dei vecchi “remesseri veneziani” l'ha tramandata di padre in figlio non solo originando una vera e propria industria, ma quel che più conta perfezionando la tecnica fino ad ottenere l'esatta ed inconfondibile imitazione degli esemplari antichi e creando una scuola artigiana locale oggi assai numerosa perché ha appendici anche nei paesi vicini. Si è quindi venuta a formare in questa zona come una piccola Brianza, dove però il mobile non si produce in serie , bensì in misura molto limitata e con severo intendimento dell'arte, e con sistemi che escludendo la razionalità meccanica, si affidano solo all'abilità manuale, dell'artefice che talvolta crea ma più spesso si attiene ai modelli del passato.” G.S.

Nell'umiltà di una bottega artigiana ho trovato i “Remesseri della Serenissima” da
 “Il Corriere del Mattino - 27 ottobre 1949”.“Nel 1949 il tesoro del mobile d'arte ha già valicato monti e solcato oceani e gli stranieri che l'anno avuto si precipitano da anni alla sua ricerca, tra cuiamericani, danesi, austriaci, tedeschi, greci e turchi….”Da allora furono versati fiumi di inchiostro per narrare l'incredibile avventura del mobile d'arte del Basso Veronese e del suo inventore Giuseppe Merlin da Asparetto.

Date le infinite  omonimie e  la concorrenza spietata e sleale la Bottega industria caposcuola Giuseppe Merlin  fu riconosciuta anche in sede europea  con il Premio decretato  da

Europremio                          1974

Nel 1974 venne riconoscimento ufficialmente da parte dell'E.N.A.P.I. alla ditta Merlin di essere la più antica fabbrica del mobile d'arte e in stile, caposcuola della zona del onese e di essere stata la promotrice dello sviluppo economico delle Isole Sparse del Menago.
Il premio consegnato a Stoccolma  all' arch. Giuseppe Merlin nipote dell' inventore e titolare della antica ditta.


In quarta fila

Accovacciati in prima fila
Maestrod’Arte  Capo Botega 
Remo Merlin , da Asparetto
Maestro d’Arte  Capo Botega Vasco Merlin  da Asparetto
ALLIEVI
Gaetano Tavella da Asparetto e
Rino Malvezzi,
Gino Franceschini,
Mario Borsarini da Asparetto
e
Tullio Vedovelli. Dietro di loro
Arsenio Bellè*, da Asparetto
Gino Montagnoli,
Olimpio Ferrarese*,
Aldo Bertù,
Dino Fanti, e
Bruno Gobbi. In terza fila
Marino Patuzzo* da Asparetto
 E
 Mario Pettene e
Adriano Dionisi*,
Giuseppe Faccio*,
Angelo Cavallaro e
Lino Speranza*. da Asparetto
In quarta fila
Mario de Carli*,
Giuseppe Perazzani,
 Adriano Vesentini, da Asparetto detto el moro
 Ernesto Molinari,
Pompilio Zavanella,da Caselle
 Giuseppe Masaia, da Asparetto
Alberto Tomelleri,


e
Pietro Panozzo.In alto
Giuseppe Padovani,da Bovolon
 Bruno Zuliani,
Remo Guarnieri,
Pietro Cherubini,da Asparetto
Giobatta Pantano,
Danilo Rossignoli,
Marcello Marchi, dietro
Giuseppe Ferrari detto Bii meza da Asparetto
 e
Battista Pantaloni.
Remo De Paoli, da Asparetto
Egidio Vesentini, da Asparetto detto Cavalina
Arduino Colato e
Oreste Frisoni, da Asparetto
 gli ultimi due con basco e sigaretta sono i fratelli
Corsini.




Fu ad iniziativa di Remo Merlin che si estente  la lavorazione anche a Casale di Scodosia nelle Isole Sparse del Padovano  e a Bassano del Grappa nel vicentino,
 egli decentrò alcune fasi della lavorazione del mobile grezzo , “esportando” così anche a quei comuni alcune fasi della lavorazione.

Il Mobile d'arte  Sparè attorno al menago vede fiorire alla Venera, a Menà, San Pierin, Caselle, Bionde,Bonavicina le prime autentiche botteghe. 
Sparè è storicamente la culla del mobile d'arte, un accezione ampia e nobile che delinea le ri-produzioni di mobili d'arte e classici dai canoni originari, la nascita del mobile d'arte classico è dovuta in gran parte al suo precursore, el "MARANGON" "Maestro de Botega",  di nome Giuseppe Merlin, detto "BEPO MARCO",  *1881 Asparetto 1964 + ,  valente prosecutore di una tradizione che vede in  Fra Giovanni da Verona un celeberrimo precursore (autore, tra le altre; delle tarsie di in S. Anastasia).Il padre di  Giuseppe Merlin fino, ai primi anni venti, era un Marangon specializzato nella costruzione di Barche, carri botti e ogni tipo di opera in legno. Il figlio "Bepo Marco", ma ebbe il merito di far nascere la prima "bottega" artigiana, prima per il restauro, poi per la riproduzione del Mobile d'arte e costruzione del mobile. Col tempo, grazie a questa brillante iniziativa, la sua bottega a conduzione familiare si trasformò in una grande impresa artigiana con maestranze che provenivano da tutto il circondario, ma specialmente da Menà, Venera, Caselle, San Pierin, Bionde. "Il Grande "Bepo Marco" seppe coltivare amicizie influenti, nel campo economicoe  e prodduttivo del primo novecento. Fu così che riusci ad avere l'appoggio del Ministero del Lavoro per avviare all'interno dellla sua bottega  la scuola di apprendistato per giovani e giovanissimi allievi , futuri maestri artigiani. Fu così che Giuseppe Merlin ( 1881 - 1964) in Asparetto fece progredire ai massimi livelli la sua impresa di Bottega divenuta industria, poi coadiuvata   e affiancata dalla istituita apposita scuola per insegnare ai giovani l’arte del restauro e della produzione di mobili d'arte..


Attorno al 1935, Giuseppe Merlin ebbe a disposizione tanti allivi cjhe  tirarono su bottega in proprio conferendo il prodotto grezzo agli allievi formatisi e in grado di conferire alla casa madre grandiose quantità con ottima qualità  di mobili prodotti manualmente così da  aver dato la genesi a un tessuto di botteghe a condizione familiare  diffuse a macchia d'olio e a macchie di leopardo  nelle quattro direzioni attorno a Sparè - al Menago -antica via fluviale di fluitazione millenaria di legname. Asparetto fino alla morte di Giuseppe Merlin avvenuta ad Asparetto nell'agosto del 1964 continuò ad essere primo paese indiscusso per qualità e quantità di botteghe e di produzione.
Cresceva grandemente intorno l'attività di produzione, accompaganti da nuovi laboratori che  realizzavano prodotti d'indotto, quali tapezzieri, lustrini, tornitori, rimessori, tarsiatori, verniciatori, laccatori, doratori, vetrai, , ferramentisti ,  non solo ma industrie metalmeccaniche che con l'avvento dell'elettricità  offrivano prodotti di macchine , quali pialle, seghe, , troncatrici, affilatrici, trapanatrici, torni , così numerosi laboratori da cambiare  completamente il tessuto economico dell'orami "Eldorado" del Mobile d'arte a Triangolo,  o  che, specializzandosi in tutte le le fasi, cominciarono ad operare per conto del maestro Giuseppe Merlin "Bepo Marco"   e poi, successivamente, alla guda della bottega divenuta industria si affiancarono i figli Maestri d'arte, Vasco e Remo Merlin che continuarono la gloriosa epopea.
Attorno gli allievi diventarono indipendenti dopo gli anni sessanta ma non dimenticarono mai l'origine e il vanto di aver fatto parte della prima , unica, grande , Bottega a Sparè. Aver imparato l'arte a Sparè "da Bepo Marco" era ed è titolo  di qualità ancora oggi.

Il primo stile al che ispirò principalmente la Bottega e i suoi allievi  artigiani fu lo "stile Veneziano", queste riproduzioni sono rinvenibili già dalla fine della Prima Guerra Mondiale, attingendo dalle tecniche e dai materiali del passato; questa produzione prese a modello i mobili delle presenti nelle dimore di famiglie veneziane del 1700, in quanto quello più vicino dal punto di vista culturale e rappresentativo del territorio veneto.

Lo sviluppo straordinario delle numerose aziende artigiane, che costituiscono il panorama produttivo del Mobile d’arte del Menago, si può essere identificato all’inizio degli anni 1929 in coincidenza con la famosa crisi del 29 e la cosi detta "Quota 90", in concomitanza con l'espansione della domanda dell'arredamento della prima casa da parte di un numero crescente di famiglie italiane e i mercati stranieri.

Dopo aver intrapreso i primi passi nei primi del '900 verso la promozione e la commercializzazione, negli anni Sessanta circa cominciò la seconda  fase di espansione, che condusse ad forte aumento del numero di imprese e che favorì la crescita della produzione in serie del mobile classico, dell’industrializzazione dei processi produttivi, della differenziazione delle strategie di prodotto e l’estensione della gamma produttiva offerta.

Le aziende che producono il mobile d’arte sono imprese di piccole dimensioni specializzate in determinate fasi o componenti, numerosi artigiani di mobili in stile, artigiani di nicchia, piccole imprese industriali e altre più grandi, aziende commerciali. Risultano,  predominanti le piccole imprese artigianali, che commercializzano  in proprio ma consentono alla clientela di scegliere  le fasi di finitura, quali la lucidatura o di finitura mentre eseguono all’interno tutte le operazioni di produzione.

Il mercato locale e internazionale  è quello che ha un ruolo più rilevante per le imprese del Menago; così nel tempo, le esportazioni all’estero sono notevolmente cresciute, in particolare verso Germania, USA, Francia, Regno Unito, Svizzera, Giappone e, negli ultimi anni, il Sud Est asiatico e i paesi dell’Est europeo paesi arabi.

La casa madre tuttora operante in Asparetto è MERLIN'S ORGANIZATION
www.merlinorganization.it  alla cui guida è il l'Architetto Nipote di Giuseppe Merlin (Bepo Marco _1881_1964  )  e la pronipote Dott.sa Elena Merlin neocapitana di industria che come erede  crede  fermamente nei valori fondativi della prima bottega.


La maggior parte della produzione si concentra nella fascia di mercato media ed alta, grazie soprattutto all’alto valore del prodotto stesso, caratterizzato da una forte componente artigianale anche quando realizzato in serie. Il vantaggio competitivo del settore del mobile classico, infatti, è dato dalla tecnica artigianale e dalla capacità di produzione artistica: un elemento immateriale che può essere identificato con un ambito culturale di eccellenza, così come perfettamente testimoniato anche dalle numerose ville venete.






MERLIN'S ORGANIZATION dal 1920
Prima Bottega -Scuola- del mobile d'arte
poi anche industria 

Via Belle Arti, 2/4 -
37050 Asparetto Verona
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Europremio 1974

Nel 1974 venne riconosciuto ufficialmente da parte dell'E.N.A.P.I. alla ditta Merlin di essere la più antica fabbrica del mobile d'arte e in stile, caposcuola della zona del onese e di essere stata la promotrice dello sviluppo economico della zona.
Il premio venne consegnato a Stoccolma all' arch. Giuseppe Merlin nipote dell'omonimo inventore e titolare della antica ditta.

References


V. Merlin's Organization
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Giuseppe Merlin (1881_1964) e Figli Vasco e Remo
Giuseppe Merlin  figlio di un artigiano riparatore di carri e barche, noto in tutto il veronese, cosicchè i carri che costruiva si distinguevano dagli altri. A seguito del Governo della Repubblica della Serenissima e poiché in questa zona vi erano all'epoca molti boschi di piopr costruire le imbarcazioni veneziane, i Merlin da oltre un secolo coltivavano in seno alla famiglia e si tramandavano di padre in figlio l'arte, l'abilità e il gusto dei vecchi “remesseri veneziani.”
Nella bottega del Merlin, giungevano numerose richieste di riparazioni di barche e carri e lavori di falegnameria da parte ricchi signorotti locali e importanti famiglie veneziane.Fu così che Giuseppe Merlin, educato fin da bambino alla sacra devozione al lavoro,divenuto bravissimo ed essendo i suoi restauri molto richiesti ebbe la possibilità di entrare ancor giovinetto nei più importanti palazzi delle nobili famiglie veneziane e vedere personalmente gli splendidi mobili che li arredavano.Dal restauro dei carri e barche al restauro dei mobili il passo fu breve ed ebbe la geniale intuizione di ricopiarli ……. era nato il mobile d'arte.

Ma in lui v'era come un dono di natura che solo pochi artisti possono vantarsi di possedere.
I mobili uscivano dalle sue mani con restauri d'antologia ,la forma e le linee semplici erano come l'animo del loro creatore, cariche di una intensa armonia e raffinata eleganza. Ma faceva molto più che un restauro , ricostruiva le parti più deteriorate “rubando” il legno alle assi interne e nascoste dei mobili, ridava alle opere nuova vita ,e i mobili sembravano appena usciti dalle mani dei preziosi artigiani di due secoli prima.
Poi subito finc he in bottega aveva ancora il mobile di qualche prestigioso cliente lo ricopiava eseguendo con legno n uovo un esemplare.

Iniziò così la ricerca di pezzi di antiquariato in ogni dove per rimetterli in efficienza e in vendita , e intanto se ne serviva come modello per le sue riproduzioni in legno fresco di taglio,di colui che più tardi verrà definito il ‘Giuseppe Maggiolini' delle Bassa Veronese .
A mano a mano che la bottega si ingrandiva e venivano chiamati a lavorare decine di altri falegnami del luogo procedeva il suo affrancamento economico da umile artigiano a ricco borghese, frequentatore delle case patrizie veneziane,e si faceva strada in lui l'intima esigenza di dar vita a qualcosa che fosse veramente tutto ‘suo' dalla nascita al completamento: riprodurre mobili d'arte in tutti gli stili italiani.


La Scuola Professionale del Mobile d'Arte di Giuseppe Merlin
L'idea che animò Giuseppe Merlin era quella giusta e cioè di diffondere e promuovere la creazione di una scuola per artigiani che fosse garante e depositaria di quell'arte che aveva caratterizzato la sua umile nascita e potesse promuovere il benessere anche agli altri artigiani locali.
L'economia della pianura veronese alla fine dell'800 era prettamente contadina.Erano queste zone della pianura veneta terre di grandi latifondi dove la gente era estremamente povera e veniva reclutata in massa come forza lavoro.
Si soffriva la fame e i braccianti mangiavano per mesi e mesi solo polenta ed erba ammalandosi di scorbuto.
I territori malsani e acquitrinosi aumentavano l'incidenza delle malattie ed alta era la mortalità infantile.
La protesta contadina contro le famiglie clericali e fondiarie era impotente.
In questa condizione l'unica alternativa per fuggire alla fame e allo sfruttamento agricolo era l'emigrazione.
Nei primi anni del ‘900 la retorica del tempo, elevava l' artigianato ad alternativa economica “rivoluzionaria” socialista e progressista rispetto ai ‘signori della terra' che volevano mantenere la popolazione a livello di sottoproletariato per la manovalanza agricola e delle fabbriche.
Giuseppe Merlin artista-imprenditore fu uno dei primi a ribellarsi a questa condizione intuendo che l'approfondimento di quel lavoro che gli stava dando successo avrebbe portato miglioramenti non solo alla sua famiglia ma anche a tutta la zona.
Non appena le possibilità economiche glielo consentirono apprese umilmente le tecniche artigiane dagli artisti d'arte che venivano dall'accademia di Brera, o dalla Cignaroli di Verona. Andò ad imparare la laccatura a Firenze e a Venezia.Mandò anche i suoi allievi - falegnami a Venezia, presso le famiglie patrizie e presso le botteghe specializzate.
Frequentò tutte le botteghe di Verona che potevano insegnargli qualcosa: imparò il mestiere di tappezziere presso Lonardelli, la doratura dalle botteghe di Santa Anastasia,l' intaglio presso la bottega del Falceri.
Merlin Giuseppe insegnava ai suoi allievi sempre a partire dagli originali che aveva a disposizione per ricopiarli. Quando non li poteva avere mandava uno dei suoi allievi “in missione” anche fino a Venezia ad esempio per ricopiare un bureau originale.
Paolo De Paoli,Maestro d'arte che imparò alla sua scuola, narrava che un giorno toccò proprio a lui andare a Venezia a ritrarre da una nobile famiglia patrizia un bureau. “Andò con la sua bicicletta in una giornata. Fu una giornata memorabile. Dall'alba al tramonto,pasto pagato.Ma l'indomani Giuseppe Merlin aveva in mano il bozzetto per preparare il nuovo modello, e così fu.”
Giuseppe Merlin non cercò di nascondere e tenere segrete le tecniche di lavorazione ma

 incentivò l'apprendimento di tutti coloro che volevano imparare un mestiere.
Gli allievi venivano tutti i giorni ad Asparetto da Caselle,da Bionde, da Cerea, da Bovolone, da Bonavicina,Sanguinetto e molti altri paesi.
Nel 1926 la Scuola del Merlin collaborò con il Commissario Governativo dell'Artigianato che andava costituendo la Federazione Artigiana Autonoma Veronese e nel 1930 diventò la “Scuola artigiana del mobile d'arte di Asparetto” sotto l'egida dell'Istituto per il Lavoro e il Ministero dell'Istruzione.
Giuseppe Merlin era il direttore della scuola e per i maestri si avvalse dei propri figli i Maestri d'arte Vasco e Remo.


Europremio 1974

Nel 1974 venne riconosciuto ufficialmente da parte dell'E.N.A.P.I. alla ditta Merlin di essere la più antica fabbrica del mobile d'arte e in stile, caposcuola della zona del Basso Veronese e di essere stata la promotrice dello sviluppo economico della zona.
Il premio venne consegnato a Stoccolma all' arch. Giuseppe Merlin nipote dell'omonimo inventore e titolare della antica ditta.
I Maestri Vasco e Remo

e
Dall'artigianato del mobile d'arte al distretto produttivo del mobile e alla prima mostra del mobile d'arte.
Nel dopoguerra con la ricostruzione del Paese e la ripresa dell'economia la fama del mobile d'arte si diffonde a tal punto che anche importanti quotidiani iniziano ad elogiarlo.
E' il mobile d'arte, costruito rigorosamente a mano e non in serie bensì in misura limitata, secondo i canoni prestabiliti dalla Scuola del Merlin, che incontra il successo del pubblico.Il segreto del successo del mobile d'arte di Asparetto è quello di essere costruito artigianalmente senza sistemi meccanici, e di perseguire l'essenza del bello.

Alcune pubblicazioni già dal 1949 così lo descrivevano:

“Il Corriere”19-20 maggio 1949.
“Capitando ad Asparetto di Cerea in questo paesello del Basso Veronese, poche case sparse intorno alla chiesa dal campaniletto aguzzo, nella sterminata pianura verde di prati …troviamo la difficile arte della tarsia e un laboratorio che può definirsi clinica dei mobili antichi.” “Da oltre due secoli quest'arte si coltiva in seno alla famiglia,quella dei Merlin, che dopo aver ereditato l'abilità e il gusto dei vecchi “remesseri veneziani” l'ha tramandata di padre in figlio non solo originando una vera e propria industria, ma quel che più conta perfezionando la tecnica fino ad ottenere l'esatta ed inconfondibile imitazione degli esemplari antichi e creando una scuola artigiana locale oggi assai numerosa perché ha appendici anche nei paesi vicini da Bovolone a Cerea, da Sanguinetto a Nogara . Si è quindi venuta a formare in questa zona come una piccola Brianza, dove però il mobile non si produce in serie , bensì in misura molto limitata e con severo intendimento dell'arte, e con sistemi che escludendo la razionalità meccanica, si affidano solo all'abilità manuale, dell'artefice che talvolta crea ma più spesso si attiene ai modelli del passato.” G.S.

Amore per il bello degli artigiani di Asparetto. “Il Corriere” 19-20 maggio 1949.


“La loro tecnica, la bravura e il buon gusto degli artigiani di Asparetto sono notevoli e si rivelano specialmente nei mobili di grande mole a complesse raffigurazioni di paesaggio , di persone e geometrie ,oppure nei mobiletti piccoli dove la finezza e la precisione del lavoro hanno da essere ancora più perfette.I legni più comunemente adoperati sono quelli della zona alpina e alcuni esotici:l 'acero, il noce, l 'olivo , il ciliegio ,il pero ,il melo , il palissandro , il mogano , il bosso . Essi vengono ritagliati in tavolette di varia grandezza e assai sottili di tre millimetri di spessore.I risultati sono tali da non avere niente da invidiare agli esemplari antichi.Il genio dei “remesseri veneziani”, che portarono l'arte del mobilio alle più alte e ardite espressioni, rivive così in questo angolo tranquillo ed agreste della pianura veronese, ad opera di modesti artigiani, i quali gareggiano in bravura con altri loro compagni,sparsi in molte zone del Veneto e d'Italia, a riconfermare le superiori qualità della nostra stirpe, che sa rinnovare e perpetuar le glorie e i fasti di una millenaria e intramontabile civiltà”


Nell'umiltà di una bottega artigiana ho trovato i “remesseri della Serenissima” da “Il Corriere del Mattino - 27 ottobre 1949”.
“Nel 1949 il tesoro del mobile d'arte ha già valicato monti e solcato oceani e gli stranieri che l'anno avuto si precipitano da anni alla sua ricerca, tra cui americani, danesi, austriaci, tedeschi, greci e turchi….”
Da allora furono versati fiumi di inchiostro per narrare l'incredibile avventura del mobile d'arte del Basso Veronese e del suo inventore Giuseppe Merlin.
Nel 1956 tra il 16 e il 23 settembre viene istituita la prima grande rassegna del mobile d'arte organizzata dal Comune di Cerea .
Parteciparono in tutto 29 espositori e 16 erano di Asparetto.
Tra gli espositori le ditte Bellè, Ferrarese, Patuzzo, Dionisi, Faccio, Speranza. De Carli, oltre agli stessi Merlin Vasco e Remo sono tra gli artigiani immortalati nella famosa foto storica della scuola-bottega del Merlin.
De Carli, Faccio e Ferrarese erano di Comuni vicini quindi considerando oltre agli 16 artigiani di Asparetto altri 3 artigiani si può affermare con certezza che almeno 19 espositori della prima mostra del Mobile d'arte derivavano direttamente dalla Scuola del Merlin.

Un'altro particolare curioso è che gli stessi caratteri tipografici gotici usati per il cartoncino della mostra erano quelli in uso sulla carta stampata della antica ditta Merlin . Ma anche su numerose vecchie insegne di altre ditte artigiane del mobile d'arte c'erano gli stessi caratteri e qualcuna ormai sbiadita si vede ancora di tanto in tanto lungo le strade principali. Segno forse di uno spontaneo riconoscimento di una “famiglia” a cui gli artigiani del mobile d'arte sentirono già fin da allora instintivamente di appartenere.
I cancelli della ditta Merlin erano aperti a tutti, gli allievi –operai giravano liberamente,chiunque poteva apprendere e diffondere le competenze acquisite. Merlin Giuseppe non concepì la sua ditta come un luogo privato bensì come un luogo pubblico in cui accogliere come in una grande famiglia tutti i figli volonterosi.
Giuseppe Merlin aveva gettato le basi per quello che è oggi uno dei più importanti distretti industriali del mobile.
Da allora i mobili d'arte furono portati in tutto il mondo e nelle abitazioni più lussuose,sono a Mosca (al Cremlino), a Tokyo, a Washington, in Australia, nelle Filippine, nelle Molucche, in India ..., anche alla Casa Bianca ci sono mobili di Cerea, sono inseriti nelle collezioni di numerosi musei d'arte,e…….. gli “autentici MERLIN ” del primo novecento sono ormai battuti alle aste antiquarie.
Nel 1963 viene scritto il primo libro. “Il mobile d'arte della Bassa Veronese”da parte del Prof. Ezio Filippi. “ I Comuni interessati sono quattordici: Bovolone, Casaleone, Cerea, Concamarise, Gazzo, Isola della Scala,Isola Rizza, Nogara, Oppeano, Roverchiara, Salizzole, S. Giovanni Lupatoto e S.Pietro di Morubio.
Gli operai qualificati e dirigenti sono 2.362, le donne e i ragazzi 346 egli apprendisti 602 per un totale di 3310 individui, e di 655 imprese.” In un articolo del 1966,dopo soli tre anni si parlerà già di 5 - 6000 imprese.
Dopo la morte di Giuseppe Merlin, avvenuta nel 1964, il Comune di Cerea dedicava una via al suo nome nella zona in cui era nato.




Europremio 1974

Nel 1974 venne riconosciuto ufficialmente da parte dell'E.N.A.P.I. alla ditta Merlin di essere la più antica fabbrica del mobile d'arte e in stile, caposcuola della zona del Basso Veronese e di essere stata la promotrice dello sviluppo economico della zona.
Il premio venne consegnato a Stoccolma all' arch. Giuseppe Merlin nipote dell'omonimo inventore e titolare della antica ditta. gli altri artigiani sono immortalati nella famosa foto storica scattata intorno al 1930 nella scuola-bottega di Asparetto, una immagine ormai simbolo degli artigiani del mobile d'arte.
Nella scuola, si insegnava disegno,storia dell'arte , ma soprattutto la lavorazione del legno e con esso quei segreti che avrebbero generato quei capolavori che avrebbero assicurato un patrimonio artistico destinato a durare nel tempo.Anticamente le arti come tra cui la pittura, scultura ed ebanisteria venivano apprese nelle botteghe artigiane e le scuole delle Belle Arti erano soprattutto il luogo dove imparare manualmente il mestiere dell'artista-artigiano.
La bottega-scuola del mobile d'arte di Merlin Giuseppe, poi Cavaliere al Lavoro,funzionava senza riconoscimento dell'istituzione statale anche prima del 1930 infatti un primo catalogo di fotografie delle opere della scuola risale al 1918 e dunque la scuola doveva essere all'epoca già ben avviata.
La produzione consisteva nella copia fedele di mobili autentici ma anche nell' “invenzione”vera e propria di mobili in uno stile antico . Spesso i clienti chiedevano un mobile “inventato” perché dovevano accompagnarlo ad altri mobili antichi già esistenti.La creazione geniale di Giuseppe Merlin stava proprio nell'inventare mobili che non erano mai esistiti pur rispettando i canoni della storia dell'arte.
Vasco Merlin (il secondo da destra in giacca e cravatta) con i “suoi” falegnami.
Accovacciati in prima fila Gaetano Tavella e Rino Malvezzi, Gino Franceschini,Mario Borsarini e Tullio Vedovelli. Dietro di loro Arsenio Bellè*, Gino Montagnoli,Olimpio Ferrarese*, Aldo Bertù, Dino Fanti, e Bruno Gobbi. In terza fila Marino Patuzzo* e Mario Pettene e Adriano Dionisi*, Giuseppe Faccio*, Angelo Cavallaro e Lino Speranza*.
In quarta fila Mario de Carli*, Giuseppe Perazzani, Adriano Vesentini, Ernesto Molinari, Pompilio Zavanella, Giuseppe Masaia, Remo Merlin ,Alberto Tomelleri, Vasco Merlin e Pietro Panozzo.In alto Giuseppe Padovani, Bruno Zuliani,Remo Guarnieri,Pietro Cherubini,Giobatta Pantano,Danilo Rossignoli,Marcello Marchi, dietro Giuseppe Ferrari e Battista Pantaloni.Remo De Paoli,Egidio Vesentini,Arduino Colato e Oreste Frisoni, gli ultimi due con basco e sigaretta sono i fratelli Corsini.


Nel 1920 gli artisti che si erano messi in proprio e avevano aperto una propria bottega erano già una quindicina ma è dopo gli anni '30 che la fama si diffonde e il lavoro cresce. Antiquari veronesi e poi da tutta Italia portavano mobili da rifare e rimettere in sesto.
L'esperienza commerciale e la conoscenza diretta dei vari modelli fecero diventare Giuseppe Merlin una vera autorità nel campo del mobilio d'altri tempi.Nei primi anni dopo la guerra 14-18 era già di tutto il veronese il più noto ed apprezzato esperto.

Negli anni '30 la fama del mobile d'arte si diffuse in ogni dove e le opere uscite dalle mani degli umili e pazienti artigiani di Asparetto vennero richieste in tutta Italia. C'era la corsa all'acquisto e la bottega – scuola non riusciva più a stare dietro alle richieste.
Il Merlin ha allora un'altra geniale intuizione che darà inizio al decentramento produttivo : specializza alcuni allievi in una determinata fase della lavorazione e quando sono in grado di produrre da soli li incentiva a continuare a casa propria il lavoro,fornisce loro la materia prima, il bancone da falegname e i pochi utensili che servivano. In questo modo non solo potevano lavorare più comodamente ma si fanno aiutare anche dai familiari espandendo così anche a questi quanto appreso alla “Scuola del Merlin”.

Si iniziò prima con la lucidatura che veniva affidata a manodopera prevalentemente femminile, dopo fu la volta dell' intarsio, la radicatura, l'imbottitura . Ad esempio le tarsie vennero date fuori portando nelle botteghe il materiale grezzo di decoro dopodiché l'artigiano riconsegnava la tarsia lavorata con il traforo alla bottega principale che l'assemblava.
Successivamente cominciarono ad essere commissionate all'esterno della bottega anche le parti del mobile come ad esempio le gambe, gli intagli, la costruzione dello scheletro del mobile e l'economia della bottega cominciò ad espandersi al paese e poi ai paesi vicini.Fu ad iniziativa di Remo Merlin che si estese la lavorazione anche a Casale di Scodosia e a Bassano del Grappa, egli decentrò alcune fasi della lavorazione del mobile grezzo , “esportando” così anche a quei comuni alcune fasi della lavorazione.
La prima scuola d'arte venne istituita con un contributo del ventennio,e della cosa Giuseppe Merlin non se ne vantava, ma così portò nella sua scuola decine di giovani che impararono il mestiere.
Il governo aveva chiaro il disegno che le masse si potevano affrancare dalla cultura seminariale solo se si poteva dare loro istruzione, lavoro ed economia,ma i latifondisti scoprivano che ciò non è proprio quello che volevano e che la bottega del Merlin portava via manodopera abbondante e a buon mercato, oltre che oscurare il ceto agrario.
Il lavoro dell' artigianato dava soddisfazione e affrancava dalla terra. I giovani erano più attratti dalla bottega che dal lavoro dell'agricoltura. La Chiesa non vedeva di buon occhio questo affrancamento che allontanava dai sacramenti e che produceva laicismo.
L'epopea fascista conteneva nella sua genesi quelle contraddizioni che la portarono alla sua crisi.
Nel teatro nazionale a fronte dei vecchi ceti sociali si affacciavano le masse operaie e il nuovo ceto borghese, nella fattispecie il divenuto borghese Giuseppe Merlin.
Questi nuovi ceti sociali si affrontavano spietatamente nel panorama nazionale e locale in cerca di vecchi e nuovi privilegi.
La bottega del Merlin ne era un esempio, equidistante ed equivicina a tutti i poteri e funzionale a tutti, finchè gli agrari della “Bassa Veronese” non scoprirono di dover fare i conti con il nuovo borghese che, se da un lato toglieva la manodopera ai campi, dall'altro evitava che si formassero in questi territori gruppi operai o bracciantili troppo organizzati.
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Negli anni '30 la fama del mobile d'arte di Giuseppe merlin da Sparé  si diffuse in ogni dove e le opere uscite dalle mani degli umili e pazienti artigiani di Asparetto vennero richieste in tutta Italia. C'era la corsa all'acquisto e la bottega – scuola non riusciva più a stare dietro alle richieste.
Il Merlin ha allora un'altra geniale intuizione che darà inizio al decentramento produttivo : specializza alcuni allievi in una determinata fase della lavorazionee quando sono in grado di produrre da soli li incentiva a continuare a casa propria il lavoro,fornisce loro la materia prima, il bancone da falegname e i pochi utensili che servivano. In questo modo non solo potevano lavorare più comodamente ma si fanno aiutare anche dai familiari espandendo così anche a questi quanto appreso alla “Scuola del Merlin”.Si iniziò prima con la lucidatura che veniva affidata a manodopera prevalentemente femminile, dopo fu la volta dell' intarsio, la radicatura, l'imbottitura . Ad esempio le tarsie vennero date fuori portando nelle botteghe il materiale grezzo di decoro dopodiché l'artigiano riconsegnava la tarsia lavorata con il traforoalla bottega principale che l'assemblava.
Successivamente cominciarono ad essere commissionate all'esterno della bottega anche le parti del mobile come ad esempio le gambe, gli intagli, la costruzione dello scheletro del mobile e l'economia della bottega cominciò ad espandersi al paese e poi ai paesi vicini.Fu ad iniziativa di Remo Merlin che si estese la lavorazione anche a Casale di Scodosia e a Bassano del Grappa, egli decentrò alcune fasi della lavorazione del mobile grezzo , “esportando” così anche a quei comuni alcune fasi della lavorazione.
La prima scuola d'arte venne istituita con un contributo del ventennio,e della cosa Giuseppe Merlin non se ne vantava, ma così portò nella sua scuola decine di giovani che impararono il mestiere.
Il governo aveva chiaro il disegno che le masse si potevano affrancare dalla cultura seminariale solo se si poteva dare loro istruzione, lavoro ed economia,ma i latifondisti scoprivano che ciò non è proprio quello che volevano e che la bottega del Merlin portava via manodopera abbondante e a buon mercato, oltre che oscurare il ceto agrario.
Il lavoro dell' artigianato dava soddisfazione e affrancava dalla terra. I giovani erano più attratti dalla bottega che dal lavoro dell'agricoltura. La Chiesa non vedeva di buon occhio questo affrancamento che allontanava dai sacramenti e che produceva laicismo.
L'epopea fascista conteneva nella sua genesi quelle contraddizioni che la portarono alla sua crisi.
Nel teatro nazionale a fronte dei vecchi ceti sociali si affacciavano le masse operaie e il nuovo ceto borghese, nella fattispecie il divenuto borghese Giuseppe Merlin.
Questi nuovi ceti sociali si affrontavano spietatamente nel panorama nazionale e locale in cerca di vecchi e nuovi privilegi.
La bottega del Merlin ne era un esempio, equidistante ed equivicina a tutti i poteri e funzionale a tutti, finchè gli agrari della “Bassa Veronese” non scoprirono di dover fare i conti con il nuovo borghese che, se da un lato toglieva la manodopera ai campi, dall'altro evitava che si formassero in questi territori gruppi operai o bracciantili troppo organizzati.
Nel 1933 Giuseppe Merlin collaborò con l' Ente Nazionale per l'Artigianato e le Piccole Industrie (ENAPI) organismo tecnico della Federazione ma il suo allineamento alle direttive del regime non gli impedì, e con ciò rivelando la sua personalità veramente indipendente, di sviluppare la sua opera anche se osteggiato dai potestà dei comuni vicini.Nel 1934 l' Istituto Nazionale del Lavoro organizzava e finanziava la scuola- bottega del mobile d'arte Merlin e il figlio Vasco diventava il direttore.
Nel 1939 la ditta Giuseppe Merlin presentava il mobile d'arte all' Esposizione Universale di New York e la bottega artigiana era divenuta una vera e propria industria .
Ogni anno sorgevano decine di botteghe, e i giovani vedevano il nuovo lavoro come un miraggio.
Il successo del mobile d'arte e tutti questi laboratori artigiani che sorgevano scompaginarono il disegno degli agrari locali che avevano finanziato e voluto il fascismo anche nei territori della bassa veronese, che iniziarono a boicottarlo. Tacciano il mobile d'arte di falsità e accusano gli artigiani di imbrogliare i clienti.
In verità erano forse i commercianti che acquistavano dagli artigiani ad imbrogliare i clienti poiché chi veniva qui a comperare un mobile in una bottega artigiana sapeva di acquistare una produzione recente.
Chi va al mare trova l'acqua!
Viene messa in giro la favoletta che Merlin è solo un povero falegname privo di alcuna nozione sulla storia dell'arte , che casualmente incontra successo, gli artigiani vengono tacciati di ignoranza e di riprodurre copie malamente rifatte senza alcun pregio artistico . Le maestranze locali dei comuni vicini ignoravano il piccolo paese di Asparetto e con l'aiuto degli agrari si cercò di limitare il fenomeno e di contenerlo fino al dopoguerra, quando ciò risultò impossibile.
Con l'avvento della guerra gli uomini venivano chiamati alle armi ma la ditta che aveva partecipato a varie esposizioni estere aveva iniziato ad esportare mobili e conseguentemente ad importare valuta pregiata.


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Nel 1933 Giuseppe Merlin collaborò con l' Ente Nazionale per l'Artigianato e le Piccole Industrie (ENAPI) organismo tecnico della Federazione ma il suo allineamento alle direttive del regime non gli impedì, e con ciò rivelando la sua personalità veramente indipendente, di sviluppare la sua opera anche se osteggiato dai potestà dei comuni vicini.Nel 1934 l' Istituto Nazionale del Lavoro organizzava e finanziava la scuola- bottega del mobile d'arte Merlin e il figlio Vasco diventava il direttore.
Nel 1939 la ditta Merlin presentava il mobile d'arte all' Esposizione Universale di New York e la bottega artigiana era divenuta una vera e propria industria .
Ogni anno sorgevano decine di botteghe, e i giovani vedevano il nuovo lavoro come un miraggio.
Il successo del mobile d'arte e tutti questi laboratori artigiani che sorgevano scompaginarono il disegno degli agrari locali che avevano finanziato e voluto il fascismo anche nei territori della bassa veronese, che iniziarono a boicottarlo. Tacciano il mobile d'arte di falsità e accusano gli artigiani di imbrogliare i clienti.
In verità erano forse i commercianti che acquistavano dagli artigiani ad imbrogliare i clienti poiché chi veniva qui a comperare un mobile in una bottega artigiana sapeva di acquistare una produzione recente.
Chi va al mare trova l'acqua!
Viene messa in giro la favoletta che Merlin è solo un povero falegname privo di alcuna nozione sulla storia dell'arte , che casualmente incontra successo, gli artigiani vengono tacciati di ignoranza e di riprodurre copie malamente rifatte senza alcun pregio artistico . Le maestranze locali dei comuni vicini ignoravano il piccolo paese di Asparetto e con l'aiuto degli agrari si cercò di limitare il fenomeno e di contenerlo fino al dopoguerra, quando ciò risultò impossibile.
Con l'avvento della guerra gli uomini venivano chiamati alle armi ma la ditta che aveva partecipato a varie esposizioni estere aveva iniziato ad esportare mobili e conseguentemente ad importare valuta pregiata.
Cosicchè gli uomini servivano in fabbrica.Coloro che avevano un posto fisso,utile alla Patria, avevano qualche possibilità di evitare o posticipare la chiamata delle armi.
Vasco Merlin impiega direttamente e indirettamente centinaia di lavoratori, che figureranno essere necessari per la produzione di merce destinata all'esportazione.Poi il governo fece sostituire gli operai richiamati alle armi con le donne.Venne istituito un apposito “Corso di rimettitura ed intarsio” per le donne.Infine lo stesso Merlin Vasco venne richiamato alle armi.
Ma già erano riusciti a formarsi centinaia di ‘discepoli' - uomini e donne- della laboriosa costruzione del mobile d'arte , fantastici artigiani che nel dopoguerra ripresero il lavoro e crearono uno dei maggiori centri di produzione del mobile . Giuseppe Merlin non solo era riuscito nel suo intento di formare
una scuola che fosse depositaria e garante dei segreti della lavorazione del legno ma era andato ben oltre quello che poteva prevedere: aveva creato una classe artigiana autonoma competente in tutto il ciclo della lavorazione.





Giuseppe Merlin non cercò di nascondere e tenere segrete le tecniche di lavorazione ma incentivò l'apprendimento di tutti coloro che volevano imparare un mestiere.
Gli allievi venivano tutti i giorni ad Asparetto da Caselle,da Bionde, da Cerea, da Bovolone, da Bonavicina,Sanguinetto e molti altri paesi.
Nel 1926 la Scuola del Merlin collaborò con il Commissario Governativo dell'Artigianato che andava costituendo la Federazione Artigiana Autonoma Veronese e nel 1930 diventò la “Scuola artigiana del mobile d'arte di Asparetto” sotto l'egida dell'Istituto per il Lavoro e il Ministero dell'Istruzione.
Giuseppe Merlin era il direttore della scuola e per i maestri si avvalse dei propri figli i Maestri d'arte Vasco e Remo.
I Maestri Vasco e Remo e gli altri artigiani sono immortalati nella famosa foto storica scattata intorno al 1930 nella scuola-bottega di Asparetto, una immagine ormai simbolo degli artigiani del mobile d'arte.
Nella scuola, si insegnava disegno,storia dell'arte , ma soprattutto la lavorazione del legno e con esso quei segreti che avrebbero generato quei capolavori che avrebbero assicurato un patrimonio artistico destinato a durare nel tempo.Anticamente le arti come tra cui la pittura, scultura ed ebanisteria venivano apprese nelle botteghe artigiane e le scuole delle Belle Arti erano soprattutto il luogo dove imparare manualmente il mestiere dell'artista-artigiano.
La bottega-scuola del mobile d'arte di Merlin Giuseppe, poi Cavaliere al Lavoro,funzionava senza riconoscimento dell'istituzione statale anche prima del 1930 infatti un primo catalogo di fotografie delle opere della scuola risale al 1918 e dunque la scuola doveva essere all'epoca già ben avviata.
La produzione consisteva nella copia fedele di mobili autentici ma anche nell' “invenzione”vera e propria di mobili in uno stile antico . Spesso i clienti chiedevano un mobile “inventato” perché dovevano accompagnarlo ad altri mobili antichi già esistenti.La creazione geniale di Giuseppe Merlin stava proprio nell'inventare mobili che non erano mai esistiti pur rispettando i canoni della storia dell'arte.